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PALERMO, CAPITALE NORMANNA

I re d’Altavilla la dotarono di parchi, chiese e palazzi per farne il paradiso sulla terra. Il giorno di capodanno 1072 cambiò il corso della stori dell’isola. Quel giorno, Roberto il Guiscardo, dalla casata Normanna degli Altavilla, entrando attraverso Bab al Futuh (la porta della Vittoria), conquistò Palermo sottraendola agli Arabi. E regalò promesse di nuovi splendori a una città senza pari. Che cosa abbia significato per Palermo il governo degli Altavilla è testimoniato dal fasto delle sue architetture, simbolo tangibile della splendida sinergia fra culture diversissime (latina, araba, bizantina, ebraica) che essi seppero creare. Una geniale politica dell’immagine, attraverso la quale i Normanni fondarono il regno più bello del medioevo, tale da affascinare i maggiori viaggiatori dell’epoca, come l’arabo andaluso Ibn Giubayr che scriveva di Palermo: “Ha quanto puoi desiderare di bellezza reale e apparente e di soddisfazioni della vita …..Il suo re qui allietò la vita di piaceri fugaci, onde la fece capitale del suo regno franco – Dio l’annienti ! I palazzi del Re ne circondano il collo, come i monili cingono i colli delle ragazze dal seno ricolmo, ed egli tra giardini e circhi si rigira di continuo, fra delizie e divertimenti”. Un itinerario alla ricerca dell’eredità Normanna si snoda fra il sole e la desolazione, fra la delizia e il tormento, fra la forza dell’immaginazione e la bellezza incorruttibile al di là di ogni fantasia. Circondato dal paesaggio periferico del quartiere Brancaccio, ecco il monumento più antico Normanno, la chiesa di San Giovani dei Lebbrosi, fondata durante l’assedio di Palermo su uno ksar Saraceno, con le sue cupole rosse, la severa articolazione dei volumi e il sapore africano delle palme. A poca distanza sorgono le memorie di pietra di castello di Favara, o “Maredolce”, un nome che ricorda le sorgenti e il lago artificiale che circondava le mura dipinte, rivestite d’oro e d’argento. Costruito originariamente come sontuosa oasi di sollazzi e piaceri per l’emiro Giafar e ereditato poi dai monarchi normanni insieme al gusto del savoir-vivre, quel che resta del castello sta risorgendo, dopo anni di incuria, grazie a recenti opere di restauro. Avvicinandosi alla città si passa accanto al ponte dell’ammiraglio, eretto dal potentissimo Giorgio d’Antiochia, ammiraglio illuminato di Ruggero II. Il corso del fiume è poi cambiato, e il ponte è oggi uno splendido monumento senza acqua inglobato nel traffico. In pieno centro storico celebrano l’epoca normanna tre splendidi templi cristiani. Nel quartiere della Kalsa si scorgono i suggestivi rilievi di influenza fatimita della chiesa Magione. Eletta la “Mansio teutonica” per volere dell’imperatore Enrico VI, marito di costanza d’Altavilla, e padre dello “Stupor mundi” Federico II, nasconde all’interno un piccolo chiostro, versione più intima ma altrettanto raffinata di quello di Monreale. Nell’incredibile fragore di stili che è la piazza Bellini, si trovano, l’una di fronte all’altra, in un infinita gara di bellezza, le chiese Santa Maria dell’ammiraglio e San Cataldo. La prima, splendido gioco di contaminazione storiche e stilistiche, riserva miriadi di sorprese, come l’emozione dei mosaici che rappresentano Giorgio Antiocheno ai piedi della vergine e di Ruggero II incoronato che riceve la corona direttamente dal cristo. San Cataldo, con le tre cupolette rosse e le finestre sormontate da arcatelle cieche, è uno degli esempi più originali dell’architettura normanna, teso fra austerità dell’impianto e complessità della decorazione musiva del pavimento. Camminando in città si scorgono qua e là i segni del passaggio normanno: le bifore di via Protonotaro (forse l’antico convento di costanza d’Altavilla) e l’antica torre del Palazzo del Conte Federico, in via dei Biscottari, fino a raggiungere il centro del potere ecclesiastico presso la Cattedrale, formidabile chiesa fortificata dove si resta affascinati dalla potenza dei sarcofagi porfirei di Ruggero II e di Federico II e dalle ricche decorazioni a tarsie bicrome dell’esterno. Una foresta di palme divide la chiesa del Palazzo dei Normanni, residenza Reala che Ruggero II trasformò , con l’ausilio di architetti e maestranze musulmane, in leggiadra reggia, articolata da torri, giardini pensili e fontane. Di questo splendore resta ancora la sala di Ruggero, magnificamente decorata da una sequenza di mosaici. Ma soprattutto resta intatta la Cappella Palatina dove Ruggero II fu unto dal Signore re di Sicilia, Calabria e Puglia. E forse qui che si rivela appieno il miracolo politico siculo-normanno tradotto in termini visivi. Nello straordinario repertorio di decorazioni, il soffitto è una delle sorprese più stupefacenti del monumento: le decorazioni delle “muqarnas”, le stalattiti” lignee del soffitto affrescate da abilissimi artisti arabi, rappresentano non l’etereo paradiso cristiano ma il concretissimo aldilà islamico, con tanto di danzatrici, libagioni e armonie di liuti! Suggestioni orientali da Mille e una notti che si ritrovano anche nella chiesa San Giovanni degli Eremiti, ex-eremo, ex-moschea e poi convento benedettino. Cinque cupole coprono la chiesa, facendo si che essa venga presa come modello peculiare dell’architettura normanna, non essendo in realtà altro che un adattamento a esigenze cristiane effettuato da maestranze arabe. Vere delizie sono il chiostro, quasi interamente conservato, e il giardino circonstante, con piante esotiche, aranci, gelsomini e rose, essenze che contribuiscono a ricreare quel fascino paradisiaco che il luogo doveva certamente possedere. Anche fuori dalle mura cittadine i re normanni maestri dell’arte di vivere, avevano creato il loro Genoard, il paradiso della terra, un parco immenso pieno di ogni genere di delizia. ”Tu vedrai il più bel palazzo del più splendido dei reami del mondo, tra i mari e le montagne e le cui cime sono tinte di narciso. Vedrai il bel soggiorno del grande Re del secolo cui si conviene la magnificenza e la letizia. Questo è paradiso terrestre che si apre agli sguardi, questi è il “Mosta-Izz” (cioè bramoso di gloria, titolo preso da Guglielmo I e dal suo successore) e questa dimora è l’Aziz (cioè la splendida). Cosi è scritto in caratteri “nashi” attorno al portale della Zisa, la residenza che Guglielmo I aveva personalmente realizzato nel suo giardino dell’Eden. Fra tutti gli altri edifici del parco reale, l’ultimo solatium (luogo di delizie) di fiabesca bellezza eretto a Palermo è la Cuba, splendido edifico nella sua semplicità decorativa.